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Dopo quasi 10 anni di volontariato al servizio dei più bisognosi, il 20 Marzo 2018 Krio Hirundo Onlus si é sciolta. 

Ringraziamo dal più profondo del nostro cuore tutti i volontari, associazioni amiche, fondazioni, donatori e sostenitori per essere stati al nostro fianco.

Il Presidente Nadia Zampieri e tutti i soci

 

L'esperienza di Alessia

L'esperienza di Alessia

Arrivo a Nam Tok il secondo giorno dell’anno 2015. Sei ore di bus separano la grande Chiang Mai da questo paesino al confine con il Myanmar. Viaggio in mia compagnia da ormai un mese e mezzo, carica di incontri, colori ,storie e paesaggi.

Mi aspetta un picnic al lago poco lontano dalla scuola. In esso si riversa una cascata che regala pace anche all’occhio più distratto. Poco sopra uno stupha buddhista sovrasta le piantagioni a valle, le fertili terre che i birmani lavorano senza possedere identità né diritti.

Confini. Questi folli righelli gettati a tavolino. Frontiere. Controlli. Documenti. Visti. Ci penso ancor più spesso da due anni a questa parte, nonostante io viaggi con i ‘privilegi’ di una cittadina italiana.

La natura ha il potere di rimettere sempre in ordine i pensieri che l’umana specie costantemente mette in subbuglio nella mia testa. Osservo quell’acqua gettarsi coraggiosa dalle rocce. Le grida dei bambini che giocano. Osservo, come si fa quando si e’ appena arrivati in un posto, quando si cerca di capire dove si e’.

I bambini di Nam Tok mi piacciono subito. Non mi stupisce. Giocano in gruppo e con poco si divertono. Quello che non c’e’, se lo inventano. Che meraviglia, penso. Ci starò bene qui.

Scambio due parole con qualche insegnate, il preside e altri adulti. Già dal giorno dopo mi sarà possibile insegnare ed entusiasta mi incammino verso la casa in cui vivrò per un mese e mezzo assieme ad una famiglia birmana.

Saluto il sole che e’ gia salito, felice che si porti via l’aria ancora fredda delle montagne e mi dirigo verso scuola. Rispetto alle scuole statali thailandesi la scuola di Nam Tok si presenta ai miei occhi come una struttura di fortuna. La prima cosa che noto e’ che non vi sono pareti e mi chiedo come fanno gli insegnati a spiegare e interagire con gli studenti. Mi bastano due giorni per concentrarmi su quello che c’e e non su quello che manca, un po’ perché amo inventare, ma soprattutto perché la serenità delle persone, piccoli e adulti, con cui lavoro, rende questo processo naturale. Che bei sorrisi e quanta calma!

In un solo giorno il preside e l’insegnante di inglese che provvede a tradurmi le frasi e semplificarmi le conversazioni, decidono quale e’ il mio ruolo. Che efficienza penso! Per una persona che viene da fuori e non conosce l’ambiente e’ davvero un dono prezioso ricevere uno spazio in cui potersi muovere liberamente. Piano piano incontro e conosco tutti. Imparo qualche nome, a fatica e già lotto col mio ruolo di insegnante che parla inglese e pretende che gli altri comunichino nella sua stessa lingua. Ma la storia la conosco e non la possiamo cambiare. L inglese e’ la lingua internazionale, ma una cosa la posso fare, non smettere di scusarmi di non essere in grado di comunicare nella lingua della comunità che mi ospita. Sorridono. Mi aiutano e ridono dei miei strafalcioni, e alla fine le parole che imparo sono lontanissime dal comune conversare.

Mi viene affidata una materia che adoro, geografia, e così a forza di ripetere gli argomenti, mi ritrovo a sapere come si dice lago, acqua, mare , stella, cielo e tutte le parole che un poeta può desiderare di imparare.

Stare in classe con i bambini mi diverte tantissimo e un po’ alla volta, grazie all’aiuto degli insegnati a cui sono affiancata, riesco a trovare dei modi per comunicare e per trovare il giusto equilibrio.

Ammiro come gli insegnanti, che sono in classe con me, lavorano, un po’ perché vedo che vogliono davvero bene ai bambini e un po’ perché si  spendono affinché gli studenti capiscano, ma senza innervosirsi mai. Ridono spesso, ma tante volte non capisco perché. E sorrido in quella beata ignoranza, perché mi riporta a quando ero bambina e mi bastava sentir qualcuno ridere per essere travolta dalla felicità.

Sono molto serena in questo periodo della mia vita e so che e’ per questo che sono in questa scuola, desidero condividere il mio sapere e desidero acquisirne di nuovo. Ogni giorno bambini e insegnanti mi regalano qualcosa che ora è in me e sto provando a scrivere.

Mi auguro di aver donato qualcosa di bello. Mi rasserena la mia sincera scelta di vita di servire il sapere, ma non è abbastanza per aver la certezza di fare il giusto o il bene. Fino in fondo credo che non possiamo mai dire se qualcosa è davvero la migliore o la più giusta delle cose, e non potendolo sapere, imito chi e’ più saggio di me.

L’ultimo giorno di scuola gli studenti vengono radunati con gli insegnati per salutarmi e ringraziarmi. Sobbalzo quando sento il loro discorso iniziare con un ‘Forgive’. Mi chiedono scusa per una serie di cose: non aver compreso la mia lingua, aver frainteso le mie richieste, non essere stati in grado di interagire adeguatamente con me, e si scusano anche se gli studenti non si sono comportati bene.

Respiro. Penso allora che invece di chiedermi se sono stata all’altezza e perdere troppo tempo a pensare a me, che non sono molto più interessante della cascata che mi ha dato il benvenuto, posso scusarmi anch’ io, certa di aver fatto degli errori.

Metto in chiaro senza esitazione quanto sia stato facile creare un’intesa con gli insegnati e soprattutto quanto gli studenti siano stati piacevoli, attenti, educati e divertenti. Mi sento onorata, onorata del tempo che quegli occhi e quelle orecchie hanno regalato e condiviso con me.

Ringrazio, saluto con un sorriso dipinto dai colori della scuola di Nam Tok con il cuore gonfio di gratitudine.

Grazie Nadia per avermi accolta a scuola!

Ringraziamo i nostri sostenitori